| Purtroppo, spesso, le regole di scrittura che ci sono state insegnate alle elementari e che, all'epoca ci sembravano tanto semplici, con il passare del tempo e con l'assuefazione all'errore, che la dilagante ignoranza linguistica impone a tutti, sono state dimenticate o cancellate da nuove e scorrette "licenze impoetiche" (spero che mi passiate il termine).
Questo, breve ma essenziale tutorial è scritto proprio allo scopo di fare un po' di chiarezza in un universo linguistico sempre più farraginoso e confuso.
Naturalmente, le informazioni che fornisco, per quanto cerchino di essere complete ed esaustive, non esauriscono il vasto e multiforme universo delle possibilità, di cui la nostra bella lingua è tanto ricca.
Accenti e apostrofi Le vocali "a-i-o-u" vogliono sempre l'accento grave (nelle tastiere, i tasti, hanno solo questo tipo di accentuazione)
La vocale "e" invece può avere l'accento grave (è) o acuto (é), nello specifico: - vuole l'accento grave quando è voce del verbo essere (è), nei nomi di origine straniera (tè, caffè), nei nomi propri (Noè, Mosè), nelle locuzioni cioè, ahimè etc. - vuole l'accento acuto nelle voci verbali del passato remoto (poté, ), nei monosillabi (né, sé) e nei composti di "che" (perché, benché, nonché) di "tre" (ventitré, novantatré) e di re (viceré).
"Qui" e "qua" si scrivono senza accento.
"Lì" e "là" invece vanno accentati.
"Fa"e "sta", terza persona singolare dell'indicativo presente, non vogliono l'accento, mentre quando sono imperativi (seconda persona singolare), nel caso in cui si usi il troncamento, esigo l'apostrofo.
"Sto", non vuole mai né l'accento né l'apostrofo.
"Do" e "da" (prima e terza persona singolare indicativo presente) possono essere scritti sia sia con l'accento sia senza ma in nessun caso vogliono l'apostrofo, invece, all'imperativo (seconda persona singolare) di può usare sia la forma accentata (dà) sia della apostrofata (da').
"Po'" (inteso come poco non come il fiume) non si scrive con l'accento ma con l'apostrofo perché, appunto, è il troncamento della parola poco.
"Qual è" si scrive sempre senza l'apostrofo.
"Un" deve essere apostrofato sempre e solo con sostativi femminili, mai con quelli maschili (per esempio, si scriverà un'amica e un amico).
Anni e date
I secoli si scrivono sempre in lettere con l'iniziale maiuscola, per esempio: il Trecento, il Novecento.
Si scrive anni 60, non "anni '60" però se si specifica un anno in particolare, allora, si deve scrive '97, non 97.
Negli anni non va mai messo il punto relativo alle migliaia.
Nelle date esatte si scrive sempre la cifra in numeri per indicare il giorno, il mese in lettere e l'anno in numeri ma pre esteso, per esempio oggi è il 10 maggio 2013.
Maiuscole e minuscole
Tranne che dopo il punto fermo e che per quelli che sono indiscutibili nomi propri (Anna, Rowling, New York, Germania), casi in cui la maiuscola deve sempre essere inserita l'uso della maiuscola in italiano ha molte zone d'ombra perché ragioni grammaticali (in particolare il confine non sempre netto tra «nome proprio» e «nome comune») s'intrecciano con ragioni ideologiche più o meno consapevoli.
Non si deve dimenticare, però, che, quando una parola o una sequenza di parole indicano non un concetto, ma un individuo, un ente concreto e unico, devono cominciare con la maiuscola, per esempio si scriverà "l'Accademia della Crusca", "l'Agenzia delle Entrate", "la Provincia di Milano" etc.
Se ci si rivolge a un personaggio illustre, come il papa, il presidente, un cardinale, un giudice etc, è d'obbligo l'uso della maiuscola di rispetto.
Nel caso di alcuni sostantivi che possono indicare sia un'entità astratta sia una realtà specifica, come "Borsa", "Camera", "Chiesa", etc. la scelta della maiuscola o della minuscola servono fare una distinzione e far capire immediatamente a chi legge a quale delle due ci si sta riferendo. Per esempio si scriverà "la Borsa di Milano" e "la borsa di Giulia", "la Camera dei deputati" e "la camera di Chiara", "la Chiesa cattolica" e "la chiesa lungo la strada" etc.
Parole come "papa", "presidente" etc. che solitamente vanno scritte minuscole, nel caso in cui si riferiscano a una persona specifica, allora, se non seguite dl nome proprio, si scrivono maiuscole. Per esempio, "il Papa" (riferendosi a papa Francesco), "il Presidente" (in riferimento al Giorgio Napolitano).
Un caso un po' particola è costituito dal sostantivo "avvocato" che, se scritto maiuscolo, si riferisce solitamente a Gianni Agnelli, l'avvocato per antonomasia.
Per i nomi di popoli bisogna distinguere: la minuscola è oggi obbligatoria se si tratta di aggettivi (l'architettura italiana) ed è preferita in riferimento a un singolo individuo (il polacco non si era perso) mentre si alterna con la maiuscola nel plurale (è corretto scrivere sia "gli Inglesi" che "gli inglesi). La maiuscola, inoltre, serve a distinguere un popolo antico dal moderno per esempio: "i Romani erano grandi conquistatori" ma "i romani presto andranno alle urne" (lo stesso, ovviamente, vale per Greci/greci, Liguri/liguri, Siculi/siculi etc. La distinzione fra maiuscola e minuscola decade, o comunque è meno vincolante, nel caso in cui il nome del popolo antico si differente rispetto a quello moderno, come nel caso di Egizi/egizi ed egiziani, di Galli/galli e francesi, di Etruschi/etruschi e toscani etc.
I titoli di Film, libri e simili è meglio scriverli in corsivo con solo l'iniziale maiuscola, tuttavia, è accettato e non scorretto, scrivere maiuscoli tutti i sostantivi che li compongono, per esempio, sarebbe meglio "Il signore degli anelli" ma è altrettanto corretto "Il Signore degli Anelli".
Per le sigle e gli acronimi, di solito solo 'iniziale deve essere scritta maiusco e in nessun caso devono essere indicati i punto, per esempio "Onu" e non ONU o, peggio, O.N.U.
Parole straniere
Quando si usano parole inglesi o comunque stranieri, come fan, game, time etc. il plurale non vuole la "s", cioè, anche se nella lingua originale i termini diverrebbero fans, games, times etc. quando sono inseriti in una frase in italiano, restano invariati rispetto al singolare, per esempio si scriverà "Maria era la sua fan più sfegatata" e "i fan assediarono l'attore all'uscita da teatro".
Ovviamente, fanno eccezione i termini stranieri sono entrati nell'uso comune della lingua italiana, come peones, tapas, avances, jeans etc.
In linea di massima, comunque, è sempre bene, ove possibile, prediligere le parole italiane a quelle straniere, per esempio: "competenza" al posto di "know-how" "pranzo" al posto di "lunch", "rivista" al posto di "magazine", "scadenza" al posto di "deadline" etc.
Alcuni esempi di nomi propri di località straniere: è più corretto scrivere "Iraq" piuttosto che "Irak", perciò, coloro che abitano in quel paese, si chiamano "iracheni" e non "irakeni"
Piccola curiosità, parole come "tutor" o "sponsor" non sono di origine inglese, bensì, latina.
Abbreviazioni
In linea di massima è sempre bene evitarle e fuggirle come la peste, le sole universalmente accettate, perché ormai di uso comune, sono: cd, ndr, pc, tv e così via.
Benché gli esempi che spesso si vedono in giro, ciò vale anche per le unità di misure, quindi, si scriverò sempre "chilo", "grammo", "metro", "chilometro" e non "kg", "gr" "m", "km".
Numeri
I numeri cardinali fino a cento si scrivono in lettere (eccetto le date e gli orari).
Se si inizia la frase con un numero, esso va scritto in lettere qualunque sia.
I numeri orinali devo essere scritti sempre in lettere, per esempio: primo, secondo, terzo etc.
Varie ed eventuali
"Affatto" significa "del tutto", "in assoluto", quindi, è scorretto usarlo in senso negativo, in quel caso si dovrebbe scrivere (o dire) "nient'affatto". Per esempio, se alla domanda: "ti è piaciuto lo spettacolo di ieri sera?" l'interpellato rispondesse: "affatto", vorrebbe dire che gli è piaciuto molto, mentre se ribattesse: "nient'affatto" significherebbe che non lo ha gradito.
"Ovvero" ha lo stesso significato di "o" od "oppure" e in NESSUN CASO può sostituirsi a "ossia", che ha un valore completamente differente.
"Solo" è meglio evitare di usare questo termine come avverbio, per chiarezza e correttezza, è più indicato usare "solamente".
E' un errore molto comune scrivere (e/o dire) "uomini e non": infatti, la forma corretta è "uomini e no", come nel titolo del celebre libro di Elio Vittorini.
E' sbagliato scrivere "senza pane né acqua", la formula corretta è "senza né pane né acqua"
Si scrive (e si dice) "insieme con" nel caso in cui si voglia indicare comunanza ("Insieme con Irina ho creato questo sito") mentre si scrive "insieme a", nel senso di contemporaneità ("ripose le buste insieme ai francobolli").
Plurali doppi
Il caso più importante, perché è il più diffuso e costituto dal "filo" che al plurale può essere "i fili" o "le fila". Il maschile è usato per indicare 'oggetto concreto, per esempio "i fili del telefono" e "i fili per cucire", mentre il femminile sta per "trama di un ordito" o, più spesso, ha il significato metaforico di "intreccio", come per esempio: "le fila della congiura" e "le fila del discorso".
Attenzione: l'espressione "serrare le fila" è errata. La forma corretta "serrare le file" (in questo caso "le file" è il plurale di "la fila"!).
Altri casi sono piuttosto comuni sono:
- "il braccio" che al plurale può essere "le braccia" o "i bracci". Il femminile si usa per indicare gli arti superiori dell'essere umano e, per estensione, è anche il plurale del "braccio" unità di misura), mentre, il maschile si usa in tutti gli altri significati ("i bracci della gru", i "bracci della cruccia" etc.)
- "il budello" che al plurale può diventare "le budella" o "i budelli". Il femminile indica le interiora di un essere vivente (compreso l'uomo); unvece, il mascile si usa per indicare "passaggi angusti" o "vicoli stretti".
- "il calcagno" che al plurale può essere "le calcagne" o "i calcagni". Il femminile è un termine ormai obsoleto che non si usa più nella lingua corrente ma permane in certi modi di dire, come "stare alle calcagne", mentre, il maschile indica le parti posteriori dei piedi.
Aboliamo le inutili ridondanze
Espressioni da evitare, sempre e comunque:
"a me mi piace" e "a te ti pare", meglio optare per "a me piace/mi piace" e "a te pare/ti pare"; "entrare dentro", meglio scrivere semplicemente "entrare"; "la possibilità di poter capire", e scorretto, basta scrivere "poter capire" (ciò, naturalmente, vale per qualsiasi verbo); "salire sopra/salire di sopra" meglio scrivere semplicemente "salire"; "scendere sotto/scendere di sotto" meglio scrivere semplicemente "salire"; "uscire fuori", meglio scrivere solamente "uscire;
A proposito della maledetta "k"
Nell'alfabeto italiano, la "k" non esiste, essa si usa ESCLUSIVAMENTE nelle prole di origine straniera, come per esempio, ok, okay, ko, know-how o nei nomi di località estere, come New York.
In nessun caso, essa può sostituire "ch", quindi, abolite dal vostro vocabolario aberrazioni come ke, okkio, neanke e simili, perché, oltre ad essere scorrette dal punto di vista lessicale, sono orribili da vedere e, per chiunque ami la nostra bella lingua, sono un autentico pugno nell'occhio!
Edited by Maya Moony - 26/5/2013, 08:55
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